Il Virus o la disunità d’Italia


Il colera a Napoli nel 1973

Nel 1973 ci fu un epidemia di colera a Napoli. Un fulmine a ciel sereno! Nessuno se l’aspettava; in quella zona il ricordo dei morti per colera, ciclicamente presente era terrorizzante. Una delle epidemie più micidiale fu quella del 1837 che vide la morte di Giacomo Leopardi, i morti allora furono circa 60.000, oggi siamo a 77 mila.
Fortunatamente nel 1973 il vaccino anticolerico era già esistente e ampiamente testato. Così, senza perdere tempo un milione di napoletani furono vaccinati nel giro di sette giorni. In quell’anno a Palazzo Chigi c’era il primo ministro Mariano Rumor, Dc, a capo di una coalizione di governo composta da Dc, Psi, Psdi e Pri; mentre sindaco di Napoli era un medico di grande esperienza, Gerardo De Michele, presidente della Repubblica il napoletano Giovanni Leone, uomo sapiente ma superstizioso come è d’obbligo per quasi tutti i partenopei: visitando gli ammalati, non esitava a sfoggiare mani in maniera abbastanza insolita, tenendo piegati il dito medio e l’anulare e distesi l’indice ed il mignolo.

Allora le vittime non superarono la cinquantina

Ma al di là di questa nota di colore napoletana, in quell’occasione la vaccinazione di massa portata a termine in così poco tempo, impedì la diffusione del colera nel resto d’Italia ed i decessi non superarono le 50 unità. Ma oggi le cose non marciano nella stessa direzione. Con il Covid i dati sono sempre altalenanti: un giorno giù e ci fanno ben sperare, il giorno dopo su e ci fanno disperare.

Una vaccinazione di élite e non di massa

Ora nonostante tutti i progressi fatti e le intelligenze artificiali create, per deficit di quelle naturali e della diffidenza di gran parte degli italiani, la vaccinazione di massa è ancora una vaccinazione di élite.
Quindi mentre si preannuncia già la terza ondata, preconizzata e prevista dai soliti ottimisti, l’Italia si appresta a subire nuove prigionie e blocchi economici in un coacervo di zone rosse, rossastre, arancioni, forse bianche o più probabilmente nere, anzi nerissime.
Ma quello che viene fuori, oltre alla disorganizzazione, alle incompetenze e tutto quello che sappiamo, è la sostanziale disunità italiana a 160 anni dalla sua costituzione. Non c’è un potere centrale intimamente riconosciuto, non c’è una reale capacità e volontà di azioni comuni oltre un generica dimostrazione di unità di intenti. E’ come se le Regioni avessero preso il posto degli Stati pre – unitari e se non occorre ancora il passaporto per varcare virtuali frontiere regionali, sicuramente ci vorrà quello sanitario.

Ordine sparso nelle vaccinazioni

C’è chi vuole vaccinare prima i giovani e poi gli anziani, o il contrario. Oppure da un’altra parte prima il personale sanitario e poi gli insegnanti, chi vuole per prima i pubblici ufficiali a contatto con il pubblico, come location chi nelle Asl e chi nelle farmacie: D’altra parte le leggi lo consentono.

Colpa della modifica del Titolo V della Costituzione
Ora ci si rende veramente conto cosa ha comportato la modifica del Titolo V della Costituzione che ha trasferito quasi tutti i poteri della Sanità alle Regioni per frenare le pulsioni ( fasulle) del separatismo, senza risolvere nessun problema, ma acuendo le differenze fra nord e sud.
Un esempio per tutti è la sorte cui si sta destinando la scuola, intesa come luogo di apprendimento e come crescita umana che è fatta di una miriade di rapporti adolescenziali che i social net work hanno già guastato e si spera non irrimediabilmente. Dopo un’estate a trastullarci a fare i banchi con le rotelle ( ci possiamo fare i trenini se ripartirà la movida!) non si sa se come e quando si tornerà nelle aule.

Tutti uniti a chiacchiere, tutti disuniti nei fatti
Sembra un’ovvietà, ma la tutela della salute, dell’economia e della istruzione ci dovrebbe vedere tutti uniti per limitare ovunque i danni e ripartire.

Ma non pare che sia così.
Ne vedremo delle belle quando si tratterà, scusatemi se salto da palo in frasca, ma indirettamente è attinente, quando si tratterà dicevo, di dover scegliere i luoghi dove costruire i siti di stoccaggio delle scorie nucleari.
Se non fosse tragico, si potrebbe dire, il bello deve ancora venire! Intanto lo scaricabarile pubblico dopo anni di discussioni è già partito.

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