Il 17 marzo 2021 si celebrano i 160 anni dell’Unità d’Italia, col suono delle sirene fra strade deserte

Il provvedimento di nomina di Vittorio Emanuele II

Se c’è una cartina di tornasole che mette in evidenza la bontà dell’Unità d’Italia è la pandemia Covid 19. Non fuochi d’artificio e rullio di tamburi militari, ma il suono lancinante delle autoambulanze fra strade deserte.

La pandemia offusca l’evento
Il caos decisionale che dura da circa un anno fra Stato centrale ed Autonomie locali, Regioni e Comuni, ha dimostrato più che mai la necessità di un forte stato centrale ma non necessariamente accentratore, ma reale coordinatore degli indirizzi e delle attività operative.
Non si vorrà, si spera, che, superata questa fase, si torni alla richiesta più o meno mascherata, di autonomia di alcuni pezzi di territorio, scomparse in questo periodo, ma le lacerazioni fra nord e sud si sono fatte ancora più stridenti.
Proclamata il 17 marzo 1861, 160 anni, per una nazione si tratta dell’età di una giovincella in pieno fiore, ma è indubbio che si sono vistose crepe acuite dalla pandemia che non si riesce né a vincere, né a contenere nonostante tutti i miracoli della tecnica ( intelligenza artificiale, missioni spaziali, internet ecc). L’unico sistema adottato è lo stesso sui facevano ricorso i nostri avi, l’isolamento e la quarantena. La vera sostanziale novità consiste nella mascherina.

Il plebiscito di annessione ha pochi votanti
Se non ci fosse stato quest’impedimento sanitario, chiamiamolo così, oggi saremmo stati sommersi da una marea di retorica melassa apologetica.
il Plebiscito per l’annessione al Piemonte fu indetto per il 21 ottobre 1860 mentre si combatteva ancora.
Esso fu una vanagloriosa, aberrante e tragica messinscena per salvare la forma di cui tutti i governanti europei erano ben consapevoli.
Il regno contava circa 10 milioni di abitanti, votarono appena il 19 per cento degli aventi diritto, ma valse a decretare la sua fine. Il voto, per stessa disposizione del decreto di indizione, non era segreto ma palese.
La votazione sancì a grandissima maggioranza l’unione del Regno delle Due Sicilie al regno sabaudo, compresa la Sicilia. Sulla regolarità della consultazione non é il caso di soffermarci.
Questi i risultati:
Napoli: 1.302.064 si, 10.302 no;
Sìcilia: 432.053 si, 667 no!
Il 13 febbraio 1861 Francesco II capitolò dopo aver salvato l’onore della dinastia e dell’esercito borbonico lasciando campo libero ai piemontesi.

Perchè crollò il regno borbonico
Sul rapido tracollo del regno napoletano si sono fatte molte congetture. Secondo molti osservatori, la determinazione di Cavour fu corroborata dalla volontà dell’Inghilterra e della Francia. Specie dell’Inghilterra. La politica imperiale di questo paese basata sul mantenimento di una grande potenza navale e non disdegnava l’alimentazione di disordini all’interno degli altri Stati. Per quanto riguarda il Mediterraneo, pur trovandosi il Regno Unito geograficamente al di fuori di esso, non ne ignorò mai l’importanza strategica e appena potè mise due teste di ponte, con l’impossessamento di Gibilterra e, nel 1800, di Malta, che apparteneva alle Due Sicilie. Quando intorno al 1850 il canale di Suez cominciava a profilarsi come una realtà, per l’Inghilterra divenne ancora più importante potersi muovere liberamente nel Mediterraneo.

Il taglio dell’istmo di Suez, iniziato nel 1859, alla vigilia dell’impresa dei Mille, consentiva un collegamento più veloce con le colonie. Per questo uno dei suoi obiettivi fu l’eliminazione della Russia da queste acque dopo gli accordi commerciali tra le Due Sicilie e l’Impero Russo, e per questo motivo non fu estranea la guerra di Crimea nel 1853, e il ridimensionamento dell’influenza politica della Francia nello stesso mare. Un altro elemento che aveva spinto l’Inghilterra a interessarsi più da vicino alle vicende politiche napoletane, furono le miniere di zolfo, indispensabili per l’ industria inglese.
La Francia, a sua volta, mirava a rafforzare la sua influenza sulla penisola italiana, specie nel centro sud. Era intenzionata a trasformare lo stato della Chiesa in protettorato francese e mettere un principe francese sul trono di Napoli.
Nonostante queste considerazioni, le volontà straniere agirono caso mai da catalizzatori. Il destino era compiuto, non solo per i desideri delle potenze europee ma anche per quelli dei borghesi, di alcuni aristocratici e possidenti meridionali. Non ne volevano sapere più dei Borboni. Anche loro pensavano che un mondo migliore era possibile.

Le elezioni del primo Parlamento italiano
Nel gennaio il 27 gennaio 1861, mentre a Gaeta ancora resisteva, si erano tenute le cosiddette elezioni per il primo Parlamento unitario. Su quasi 26 milioni di abitanti, il nuovo regno concesse il diritto di voto solamente a 419.938 persone (circa l’1,8%), di questi solamente 239.583 si recarono a votare di cui circa 70.000 impiegato pubblici. Allo spoglio risultarono validi 170.567 voti . Si votò in base alla legge elettorale del Regno di Sardegna senza tener conto delle diversità e delle esigenze dei regni annessi. L’elettorato poteva essere esercitato solamente dai maschi di età non inferiore ai 25 anni che sapevano leggere e scrivere, e avere un censo di almeno 40 lire annue Calcoli precisi non ve ne sono, ma grosso modo dovrebbe corrispondere a 50/80mila euro del 2019).
Il nuovo Parlamento così eletto, riunito in seduta comune il 17 marzo 1861 proclamò Vittorio Emanuele II Re d’Italia.

Mantenendo la vecchia numerazione dinastica questo fu, più di ogni altro, un gesto esplicitò di considerare il nuovo un semplice ampliamento del vecchio regno di Sardegna.
Giusto per per ricordare, Ferdinando era re di Napoli con il nome di Ferdinando IV e quando, dopo il congresso di Vienna nel 1815 fu istituito il Regno delle Due Sicilie fondendo il Regno di Napoli e quello di Sicilia in un unico Regno, volle chiamarsi Ferdinando I per segnarne la discontinuità.
Vittorio Emanuele II oppure 2 come vogliono i nuovi indirizzi culturali, fu un re autocratico anche se si servì spregiudicatamente dello Statuto Albertino, che utilizzò al meglio le capacità di Cavour ed ebbe una forte gelosia per Garibaldi, di cui invidiava le capacità militari ed amatoriali e, infine odiava fortemente Mazzini.
Ma ricordare queste cose non fa parte del filone di Cancel culture, ma semmai di Adjust culture.

Il 17 marzo 2021 si celebrano in tono minore i 160 dell’Unità d’Italia, ma tutti gli italiani si sentono uniti per sconfiggere la pandemia e avere un futuro migliore

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