In una delle rare trasmissioni di Rai Storia “Potere e bellezza – I Borboni”, la tivù di Stato tratta diffusamente delle realizzazioni fatte a Napoli dai Borboni, concentrandosi in maniera particolare sul sovrano che regnò più a lungo e segnò in maniera determinante se possiamo dire così, il carattere e l’anima il regno, Ferdinando I.
Fu un re popolarissimo diversamente da come si pensa, non fu un conservatore, bensì un illuminista, basti pensare l’esperimento marcatamente socialista di San Leucio di cui pochi sanno cos’è. Diciamo che fu un borbonico progressista. La trasmissione è da vedere prima di tutto perché vengono presentate le magnifiche realizzazioni fatte da quel sovrano come la Reggia di Caserta e la Chiesta di San Francesco di Paola a Piazza Reale, ora piazza Plebiscito e poi perché quando si tratta del Regno delle Due Sicilie gli autori di muovono con i piedi di piombo, perché appena vengono accennati gli aspetti politici, si ritorna alla vecchia vulgata. Come dire: “ Si hanno realizzato queste cose meravigliose, ma sempre borbonici erano!”
Infatti se andiamo a leggere il Dizionario di Italiano Sabatini Coletti, alla voce “borbonico” siamo informati che l’ aggettivo “borbonico” è relativo alla famiglia francese dei Borboni che regnò sull’Italia meridionale dal 1735 al 1860, mentre figurativamente sta a significare reazionario e conservatore.
Per mentalità borbonica si intende persona inefficiente, lenta, mentre con riferimento all’amministrazione del Regno di Napoli sotto i Borboni si intende una burocrazia inefficiente e corrotta.
Celebre è l’aneddoto, falso, attribuito al Re in merito alla richiesta di aumento di una guardia doganiera.
Ordunque una guardia addetta alla dogana, con numerosa prole da sfamare, spinta dalla moglie, chiese un appuntamento al re per ottenere un aumento del suo stipendio. Quando il re lo ricevette, perché Ferdinando riceveva tutti, rispose figlio mio le casse dello Stato sono vuote e non c’è un centesimo e poi se aumento a te devo aumentare a tutti i doganieri. Tu fa na cosa, nun firmà.
La guardia uscì perplessa ma deciso ad obbedire, quindi il giorno dopo con mille pretesti non firmò le bollette delle merci in entrata a Napoli ed i mercanti non potettero vendere. Ma il giorno dopo le richieste di vidimazione furono accompagnate da fiaschi di vino e sacchi di farina e la guardia firmò.
Borbonico sta anche a significare seguace dei Borboni, se è un seguace contemporaneo si dice che è un “neoborbonico”.
Questo dizionario in effetti stabilisce una sorta di behaviorismo antropologico anche qui suffragato dalle solite rappresentazioni del divario esistente in tutti i campi fra il nord ed il sud del paese ed in ultimo l’andamento delle vaccinazioni che puntualmente vede agli ultimi posti le regioni meridionali, anche se con percentuali che superano il 70%. Il behaviorismo è teoria socio psicologica che viene dall’inglese behaviour «comportamento» cioè il modo di porsi dell’individuo in determinate situazioni, una sorta di sommatoria di riflessi condizionati come quelli del famoso cane di I.P. Pavlov.
In questo caso il conservatorismo mentale viene imputato come fattore genetico immodificabile, già diagnosticato dal principe del Gattopardo, pur non negando che esistano delle eccellenze e come individui e come zone, intese come eccezioni se riferite a persone e come oasi se riferite ad una zona in particolare.
Ora il problema è stabilire se questo behaviorismo antropologico sia sorto prima dell’Unità d’Italia oppure è una sua conseguenza. Cioè se l’atteggiamento lassista, disfattista, pressappochista, di rassegnazione e povertà accettata esistevano prima dell’impresa dei mille oppure si è creata dopo. E’ indubbio che il Regno delle Due Sicilie si trovava in un travaglio politico perché non aveva saputo costruire solide alleanze internazionali ed eccessivamente prudente nel concedere formali libertà costituzionali, come aveva fatto il Piemonte che di fatto era una monarchia assoluta e aveva solide alleanze con l’Inghilterra e la Francia, ma il Regno economicamente stava bene ed il bilancio statale non era in rosso, anzi gli attivi di bilancio meridionali servirono a ripagare le spese sostenute dai piemontesi per la conquista del Sud, mentre Francesco II, unico sovrano della storia lasciò tutti i suoi beni al Banco di Napoli che furono incamerati da Vittorio Emanuele II.
Dopo l’unificazione tutte le industrie appena sorte nel sud furono desertificate mentre la nascente classe operaria fu presa a fucilate dai bersaglieri, vedi il massacro di Pietrarsa, per non parlare dei cosiddetti “briganti” in realtà patrioti fedeli alla dinastia borbonica, impiccati assieme a mogli e figli.
La conseguenza di questa politica antimeridionale fu che le migliori menti del sud andarono a formare i quadri delle nascenti industrie settentrionali, mentre gli ex contadini fornivano manovalanza a poco prezzo. Inoltre gli acculturati meridionali che erano molto più numerosi di quelli delle altre regioni, in poco tempo sostituirono nei ministeri tutta la forza lavoro sabauda. Gli altri emigrarono in America. Il sud fu desertificato ed i rimanenti lasciati in balia del baroname che aveva cambiato tutto ma non lasciando tutto come, se già sarebbe sta una cosa buona, perché dopo l’Unità ci fu un notevole arretramento rispetto alle posizioni economico sociali esistenti prima dell’impresa dei mille.