Le leggi borboniche erano comprensibili
La comprensibilità delle leggi è…. sempre più incomprensibile: E non si denigri più di tanto l’amministrazione borbonica che era più chiara.
L’amministrazione borbonica, senza computer smartphone ed intelligenza artificiale aveva lo stesso indice di produttività di alcune moderne amministrazioni pubbliche. Merito della chiarezza con cui erano redatte le leggi. Quelle borboniche potevano anche non piacere per i contenuti, e molte volte lo erano, ma erano chiare e comprensibili a tutti i soggetti di media cultura.
Fino a tutto il 1700 le norme giuridiche non solo quelle della Chiesa ma in quasi tutt’Italia erano redatte in latino. Nel neonato regno borbonico, nel 1738 Carlo III di Borbone dispose l’uso dell’italiano in luogo del latino o dello spagnolo negli atti governativi, con la motivazione che «essendo Sua Maestà re Italiano, debba usare la lingua italiana».
La conoscibilità e comprensibilità delle leggi
Da tempo, moltissimo tempo si discute ormai sulla conoscibilità e comprensibilità delle leggi. Sulla conoscibilità oggi non c’è problema, non bisogna compulsare polverosi archivi per trovare il provvedimento giusto. Basta una rapida ricerca su internet.
Invece sulla comprensibilità siamo ancora in alto mare: si fanno solenni giuramenti, promesse, disegni di legge, leggi addirittura approvate, ma poi per il sempre più convulso agire dei soggetti preposti all’assunzione delle decisioni e alla redazione dei provvedimenti normativi, ministri sottosegretari direttori generali, presidenti di qualche cosa, in primis quelli regionali, si fanno prendere la penna e ci si ritrova nero su bianco scritti criptici saldamente ancorati a linguaggi specialistici castali che solo gli addetti ai lavori sanno districare e a volte neppure loro.
Il problema dell’interpretazione delle leggi
In molti casi neppure gli autori della norma sanno ciò che avevano voluto effettivamente dire, oppure sapendolo hanno usato male le parole, oppure il testo è frutto di un compromesso di opposte esigenze politiche che si riverberano nell’incertezza lessicale. Da cui un fiorire di interpretazioni autentiche, letterarie e giudiziarie. Questo è il primo livello, poi seguono provvedimenti attuativi, i DPR, i decreti del Presidente della Repubblica o DPCM, decreti del Presidente del Consiglio, le circolari esplicative condivise fra i ministeri interessati, pareri del Consiglio di Stato, dell’Avvocatura dello Stato fino alla “spiegazione” suprema e definitiva della Corte Costituzionale.
Tutto questo si sarebbe potuto evitare, non solo e non tanto per tener fede al principio della certezza del diritto, ma per evitare dispendio di energie, dispendio economico, a ulteriore paralisi delle pubbliche amministrazioni. Certo ci andrebbero a rimettere gli avvocati specializzati, in ricorsi al Tar, gli eredi dei famosi “paglietta” napoletani, ma insomma l’intera azione pubblica sarebbe più fluida se al momento di scrivere si utilizzasse la parola giusta, si mettesse la virgola al posto che si era pensato.
La disavventura di Fra Martino
Sappiamo tutti come fra Martino perse la cappa, sorta di mantello, simbolo della carica di priore di un monastero.
E’ un modo di dire molto noto. La frase, sta a significare che un errore riguardante un particolare apparentemente di scarsa importanza comporta talvolta conseguenze disastrose.
Martino, padre guardiano di un convento, ambiva alla cappa, cioè alla nomina a priore. Quando, seppe che il padre generale della sua Congregazione sarebbe andato in visita nel suo convento, per mettersi in bella mostra agli occhi dell’illustre visitatore, pensò di scrivere sul portone del convento un bel motto: “Porta patens est. Nulli claudatur honesto”, ovvero: “La porta resti aperta. A nessuno onesto si chiuda”. Nella fretta, Martino così scrisse: “Porta patens est nulli. Claudatur honesto”, cioè “La porta non resti aperta a nessuno. Si chiuda all’onesto”.
Quando il superiore, giunto davanti al convento, lesse quella frase che gli impediva di entrare se ne andò infuriato. E fu così che fra Martino, per aver messo il punto dopo la parola Nulli, anzicchè prima, perse sia la stima del suo superiore sia la promozione cui agognava tanto.
Allora tanto per fare vedere che non ho perso il filo del discorso, andiamo sul concreto.
E’ stata pubblicata in Gazzetta ufficiale la legge di bilancio n.234/2021.
Contiene un sacco di cose, istituzione di Comitati, Cabine di Regie, progetti sul PRRN che non ho capito ancora cos’è in concreto ( ma tutti ne parlano bene, ora. Poi diranno che era inadeguato insufficiente e consimilia), spese a desta e a manca e, stando a quando dicono i giornali, alcune misure di modifica sulle pensioni.
I provvedimenti sulle pensioni nella legge di bilancio 2022
Nella nuova legge c’è l’abolizione della quota 100 e sostituzione con la quota 102, la proroga con ampliamento del numero delle categorie dell’Ape Sociale e eziandio la proroga dell’opzione donna, quella misura che in omaggio al principio della riduzione del gap previdenziale di genere, riduce mediamente l’assegno pensionistico delle nonne del 20/30%, perché il calcolo viene effettuato totalmente con il metodo contributivo.
Ora se voi leggete la legge da cima a fondo ( e ce ne vuole di coraggio), anche utilizzando la funzione “cerca” non troverete nessuna quota 102, né ape sociale, anche se scrivete anticipo pensionistico, né tampoco opzione donna.
Allora bisogna fare come i primi archeologi di fronte ai geroglifici egiziani. Un lavoro di ricerca e ricostruzione fra i combinati disposti, i richiami a provvedimenti che richiamano altri provvedimenti, inseguire le sostituzioni, le successive modifiche ed integrazioni (in codice: smi).
Per esempio l’istituzione di quota 102 per i 2022 e l’abolizione di quota 100 non è un’invenzione dei giornali, di cui giustamente bisogna sempre diffidare, ma esiste veramente. Solo che non troverete scritto quota 100 è abolita e ora ci vogliono due anni in più, bensì andando al comma 87 dell’art.1 della legge 234/2021 trovate scritto:
- Al decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 14, comma 1, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: « I requisiti di età anagrafica e di anzianità contributiva di cui al primo periodo del presente comma sono determinati in 64 anni di età anagrafica e 38 anni di anzianità contributiva per i soggetti che maturano i medesimi requisiti nell’anno 2022.
Ape sociale - Le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 179, lettera d), della legge 11 dicembre 2016, n. 232, si applicano ai lavoratori dipendenti che svolgono le professioni indicate nell’allegato 3 annesso alla presente legge. Per gli operai edili, come indicati nel contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti delle imprese edili ed affini, per i ceramisti (classificazione Istat 6.3.2.1.2) e per i conduttori di impianti per la formatura di articoli in ceramica e terracotta (classificazione Istat 7.1.3.3) il requisito dell’anzianità contributiva di cui alla medesima lettera d) è di almeno 32 anni.
Opzione donna
- All’articolo 16 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, al comma 1, le parole: « 31 dicembre 2020 » sono sostituite dalle seguenti: « 31 dicembre 2021 » e, al comma 3, le parole: « entro il 28 febbraio 2021 » sono sostituite dalle seguenti: « entro il 28 febbraio 2022 ».
Si capisce subito che riguarda una donna che ha 58 anni di età e 35 di contributi e vuole andare in pensione qualche anno prima.
Tutto chiaro, no?
Poi dulcis in fundo ci sono alcune disposizioni che in altri paesi risolvono con il Crowdfunding , due perle perse nel mare magno degli oltre 1000 commi che compongono la legge di bilancio 2022:
Il comma 896 autorizza un contributo di 350.000 euro per l’anno 2022 in favore
della Fondazione Anna Milanese al fine di garantire assistenza e protezione alle ragazze povere ed orfane dell’Etiopia, anche al fine di promuovere l’istruzione e la cultura nella popolazione etiopica.
Per carità niente in contrario e siamo tutti a favore delle povere orfanelle, ma è un esempio, come pure la disposizione del comma 904, che in occasione dell’ottantesimo anniversario della nascita della Democrazia Cristiana, autorizza la spesa di € 200.000 per il 2022 a favore della Fondazione De Gasperi, “ai fini del programma straordinario di valorizzazione dell’archivio degasperiano inedito, e della promozione di ricerche, seminari e convegni da svolgere presso scuole superiori, università e amministrazioni locali.”