La lotta alla pandemia non è ancora terminata, ma per stanchezza, per l’affievolirsi del fenomeno emergenziale e per questioni economiche finanziarie è finita sottotraccia.
Ma fra i tanti disastri, aveva avuto il merito di far cambiare mentalità a quei paesi della UE detentori del rigore economico e consentire il varo di un nuovo piano Marshall per Europa. Quello si chiamava “European Recovery Program“, questa volta direttamente a carico della UE, il famoso Recovery and Resilience Facility, RRF.
Tutti felici e contenti a redigere l’ennesimo libro dei sogni. Già sarebbe bello, per le Regioni meridionali poter spendere i finanziamenti ordinari della Comunità europea, ma non si può avere tutti ed ecco un profluvio di relazioni, slide, diagramma di Gantt, convegni nelle varie città eccetera. Insomma tutta la manfrina che si fa di solito. Ultimo esempio fu il Piano per il Sud del governo Conte che doveva stanziare 30 miliardi nel 2021!
Poi è intervenuta la guerra in Ucraina che ha bloccato sul nascere la ripresa economica mondiale ed infine un’inflazione che in Italia si aggira sul 7% circa che ha già eroso le cifre stanziate.
Comunque, pur con queste difficoltà, l’ambizioso progetto va avanti e più si procede, più si rischia di perpetrare il divario economico/organizzativo fra il nord ed il sud del paese.
il PNRR
Com’è noto, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) si inserisce all’interno del programma Next Generation EU (NGEU), il pacchetto da 750 miliardi di euro, costituito per circa la metà da sovvenzioni, concordato dall’Unione Europea in risposta alla crisi pandemica. La principale componente del programma NGEU è il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (Recovery and Resilience Facility, RRF), che ha una durata di sei anni, dal 2021 al 2026, e una dimensione totale di 672,5 miliardi di euro.
il Piano di Ripresa e Resilienza presentato dall’Italia, prevede investimenti per 191,5 miliardi di euro . Sono stati stanziati, inoltre, entro il 2032, ulteriori 26 miliardi da destinare alla realizzazione di opere specifiche.
i target
Nel complesso si potrà quindi disporre di circa 248 miliardi di euro.
Il Piano si sviluppa intorno a tre assi strategici condivisi a livello europeo: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica, inclusione sociale.
Il Piano destina 82 miliardi al Mezzogiorno su 206 miliardi ripartibili secondo il criterio del territorio (per una quota dunque del 40 per cento) e prevede inoltre un investimento significativo sui giovani e le donne.
Il Piano si sviluppa lungo sei missioni.
MISSIONE 1: DIGITALIZZAZIONE, INNOVAZIONE, COMPETITIVITÀ E CULTURA – Il 100% della popolazione connessa entro il 2026; Connessioni veloci per 8,5 milioni di famiglie e imprese; “Scuola connessa” per portare la fibra ottica in ulteriori 9.000 scuole; Connettività a 12.000 punti di erogazione del SSN; Approccio digitale per il rilancio di turismo e cultura.
MISSIONE 2: RIVOLUZIONE VERDE E TRANSIZIONE ECOLOGICA – Potenziamento riciclo rifiuti: + 55% elettrici, + 85% carta, + 65% plastiche, + 100% tessile; Riduzione delle perdite di acqua potabile sulle reti idriche; Sviluppo della ricerca e del sostegno dell’uso dell’idrogeno nell’industria e nei trasporti.
MISSIONE 3: INFRASTRUTTURE PER UNA MOBILITÀ SOSTENIBILE – Modernizzazione e potenziamento delle ferrovie regionali; Tempi ridotti sulle tratte ferroviarie: Roma-Pescara di 1h20 – Napoli-Bari di 1h30 – Palermo e Catania di 1h – Salerno-Reggio Calabria di 1h; Investimenti sui porti verdi.
MISSIONE 4: ISTRUZIONE E RICERCA – 228.000 nuovi posti in asili nido per bambini fra 0 e 6 anni; 100.000 classi trasformate in connected learning environments ( una specie di apprendimento a distanza ma più bello); Ristrutturazione di scuole per 2,4 milioni di metri quadrati; Cablaggio di 40.000 edifici scolastici; 6.000 nuovi dottorati a partire dal 2021.
MISSIONE 5: INCLUSIONE E COESIONE – Un programma nazionale per garantire occupabilità dei lavoratori (GOL); Un ‘Fondo Impresa Donna’ a sostegno dell’impresa femminile; Più sostegni alle persone vulnerabili, non autosufficienti e con disabilità; Investimenti infrastrutturali per le Zone Economiche Speciali.
MISSIONE 6: SALUTE – 1.288 nuove Case di comunità e 381 ospedali di comunità per l’assistenza di prossimità; Fornire assistenza domiciliare al 10% degli over 65; 602 nuove Centrali Operative Territoriali per l’assistenza remota; Oltre 3.133 nuove grandi attrezzature per diagnosi e cura.
Il Piano prevede inoltre un ambizioso programma di riforme, per facilitare la fase di attuazione e più in generale alla modernizzazione del Paese:
Riforma della Pubblica Amministrazione per dare servizi migliori, favorire il reclutamento di giovani.
Riforma della giustizia per ridurre la durata dei procedimenti giudiziari, soprattutto civili, e il forte peso degli arretrati.
Interventi di semplificazione burocratica in materia di concessione di permessi e autorizzazioni e appalti pubblici, per garantire la realizzazione e il massimo impatto degli investimenti.
Riforme per promuovere la concorrenza come strumento di coesione sociale e crescita economica.
Il Piano prevede una responsabilità diretta dei Ministeri e delle Amministrazioni locali per la realizzazione degli investimenti e delle riforme di cui sono i soggetti attuatori entro i tempi concordati, e per la gestione regolare, corretta ed efficace delle risorse. È significativo il ruolo che avranno gli Enti territoriali, a cui competono investimenti pari a oltre 87 miliardi di euro.
Italia Domani, il portale dedicato al PNRR è il sito ufficiale per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
In questo quadro generale poi ogni “landa”, “contea” o agglomerato urbano organizzato fa le sue proposte.
Napoli , che già sembra che sia in ritardo per le zone economiche speciali, per non sfigurare ha approntato le sue slide per il PNRR nel quale i punti salienti sono condivisibili e spera nella realizzazione di un quarto del previsto.
Ma come al solito dalla fase delle slide alla fase di posa della prima pietra i tempi non sono mai quelli programmati.
Milena Gabanelli sulla sua rubrica del Corriere della Sera non ha mancato di notare che già siamo in fase di ritardo.
“Il ritardo che oggi abbiamo accumulato sull’avanzamento della spesa rischia concretamente di aumentare per l’incapacità di molti Comuni. Il problema è che il 69% dei comuni ha meno di 1000 abitanti e non ha le strutture tecniche per portare avanti le opere: dalla progettazione, ai bandi, alla realizzazione. Ai Comuni andranno 48,5 miliardi di tutto il piano e altri 14,5 alle Regioni. Ma mentre le Regioni hanno uffici e competenze più strutturate, molti Comuni hanno già chiesto di essere sostenuti nell’ attuazione delle iniziative del Pnrr. Solo a fine febbraio il Mef ha istituito un tavolo di monitoraggio per «verificare che la pioggia di fondi sia ben utilizzata», mentre la Funzione pubblica ha lanciato una piattaforma con Cdp, Invitalia e Mediocredito Centrale per dare supporto tecnico agli enti locali. Sta di fatto che l’Ance ha analizzato 596 progetti presentati da 177 amministrazioni locali, per un totale di 1,2 miliardi di euro. Ebbene l’80% non ha un progetto esecutivo che consente di aprire il cantiere, il 66% ha solo un progetto di fattibilità tecnica ed economica, il 72% dei progetti non è stato aggiornato rispetto agli incrementi di prezzi dei principali materiali da costruzione (qui l’ultimo aggiornamento dell’indagine). Solo due esempi: un Comune in provincia di Bergamo ha chiesto 3 milioni di euro per una riqualificazione dell’edilizia residenziale, ma ha solo un progetto di fattibilità, e uno in provincia di Benevento ne ha chiesti 800 mila per costruire una scuola, ma non ha nemmeno il progetto. L’Ance conclude che i ritardi sull’attuazione del Pnrr saranno inevitabili.”
Le zone economiche speciali per il sud varate anch’esse con gran rullio di grancasse, non si sa ad oggi a che punto siano e così il resto.