Giovanni Paisiello

Giovanni Paisiello (Taranto 1740 – Napoli 1816), musicista ecclettico in ogni genere musicale, è famoso soprattutto per la composizione di opere liriche, ne scrisse 94. Paisiello ha contribuito in maniera determinante allo sviluppo dell’opera buffa. Scrisse la prima versione del “Barbiere di Siviglia” poi musicata nuovamente da Rossini!

L’opera buffa è un genere dell’opera italiana sviluppatasi a Napoli nel 1700 come opera comica. Essa rendeva l’opera musicale accessibile anche alla gente comune che si riconosceva nei personaggi che spesso erano delle macchiette,

il servo imbroglione, il vecchio avaro, il giovane di buona famiglia che si innamora della contadina, o di una donna scaltra, tutti personaggi presi dalla commedia dell’arte.

Inoltre l’allestimento delle opere buffe era più economica perchè richiedeva un organico strumentale ristretto, costumi e scenografie semplici a differenza dell’opera seria dove i costumi erano molto costosi e ricercati, infine si faceva uno scarso utilizzo dei cantanti castrati che oltretutto avevano molte pretese e costavano anche molto.

Per questo a partire da Napoli si diffuse non solo in Italia ma in tutta Europa.

Da Taranto Paisiello si trasferì a Napoli ma presto cominciò ad esibirsi in Italia ed all’estero. Visse per circa 9 anni a San Pietroburgo (1775-84) al servizio di Caterina II di Russia e due anni a Parigi (1802-04) su esplicita richiesta di Napoleone.
A Napoli nel 1767 ebbe subito un grande successo con L’idolo cinese, per la mescolanza degli stili e la suggestiva ambientazione esotica; la corte stessa ne chiese una replica nel proprio teatro, poi in quello di Caserta nel 1768 e di nuovo a Palazzo Reale il 6 aprile 1769.
Nel 1767 il buon rapporto con la corte napoletana si interruppe quando, a fine agosto, Paisiello indirizzò una supplica al sovrano per evitare il matrimonio con Cecilia Pallini, una sua allieva che si sarebbe finta vedova e sprovvista della dote promessa. Paisiello perse la causa, fu arrestato ed il 14 settembre chiuso nel carcere di San Giacomo degli Spagnoli, dove rimase per alcuni giorni per via del mancato impegno matrimoniale.
Ma nonostante questo inizio burrascoso, poi il matrimonio fu saldo e felice e oltretutto queste vicende non incisero sulla sua attività musicali. Risale a quest’anno l’amicizia del musicista con l’abate Ferdinando Galiani, consigliere del Tribunale di commercio, intellettuale brillante e poliedrico, già ambasciatore a Parigi e dotato d’una fitta serie di contatti internazionali.

n questo periodo compose molte opere anche per i teatri dell’Italia settentrionale, tra cui Il Socrate immaginario (1775). Il Socrate immaginario era un esilarante capolavoro che metteva alla berlina tutti i pseudo appassionati della cultura greca osservata in tanti intellettuali, specie quelli partenopei.
Quando il Socrate da Firenze fu rappresentato a Napoli, dopo cinque acclamatissime repliche nel Teatro Nuovo, Ferdinando IV, fattosi recitare il Socrate a Palazzo Reale (23 ottobre), ne vietò poi le rappresentazioni. Si è ritenuto che il re abbia inteso tutelare dalla maldicenza il dotto Saverio Mattei, profondo conoscitore della filosofia greca e, come Socrate, afflitto da un non sereno rapporto coniugale.
Dal 1776 al 1784 fu a Pietroburgo, chiamato da Caterina II. La scelta della zarina era caduta su Paisiello non solo per la segnalazione del barone Friedrich von Grimm, ma anche per la stima manifestata a favore dell’operista pugliese dall’imperatore d’Austria Giuseppe II, la cui politica teatrale esercitò un chiaro influsso su quella pietroburghese.
Tra le opere scritte in questo periodo spiccano” La serva padrona “(1781), “Il barbiere di Siviglia” (1782) e ” Il mondo della luna” (1782).
A partire dal gennaio 1781 Paisiello stanco della Russia voleva tornare a Napoli e scrisse più volte a Galiani per avere possibilità un impiego stabile alla corte dei Borbone.

Di nuovo a Napoli, fu maestro di cappella e compositore di corte. Nel 1788 compose La bella molinara, e nel 1789 Nina o la pazza per amore, che ottenne un grande successo. Dopo il 1790 coltivò soprattutto l’opera seria (Elfrida, 1792, Proserpina, 1803, composta a Parigi per Napoleone).
Scoppiata la rivoluzione del 1799, che portò alla fondazione della breve Repubblica Partenopea, il musicista, da borbonico divenne repubblicano. Tornati i Borbone fu perdonato dal re Ferdinando IV. Nel 1802 andò a Parigi su invito di Napoleone e nel 1803 presentò Proserpina in suo onore.

Paisiello scrisse e musicò L’Inno al Re su commissione di Ferdinando I delle Due Sicilie nel 1787, che venne adottato come inno ufficiale del Regno nel 1816.

Paolo Petronio, musicologo triestino, sostiene che esso sia il quarto inno ufficiale composto al mondo, dopo quello della Gran Bretagna, della Spagna e della Danimarca.

Testo

Iddio conservi il Re
per lunga e lunga età
come nel cor ci sta
viva Fernando il Re

Iddio lo serbi al duplice
trono dei Padri suoi
Iddio lo serbi a noi!
viva Fernando il Re.

Successivamente Riccardo Pazzaglia compose un testo aggiornato (1993)

Dio ti salvi, cara patria
che ti distendi in questo antico mare d’eroi,
millenaria culla del pensiero
che nacque in Grecia
e in questa terra rifiorì.
Cancellata dalla Storia,
le tue bandiere vengono rialzate da noi.
Sulle sacre torri di Gaeta
scriviamo ancora
la parola: “Dignità”.
Soldato del Volturno
che cadesti qui,
nessuno per cent’anni
il nome tuo scolpì.
Dai figli che visti non hai
l’onore tu riavrai.
Ritornati dal passato,
chi in noi crederà stavolta vincerà.
Va avanti, tamburino,
suona come allor:
assente la fortuna
non mancò il valor.
Il Fato che un dì ci tradì
adesso ci riunì.
Ritornati dal passato,
chi in noi crederà
stavolta vincerà.
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Intanto i Borbone persero nuovamente il Regno di Napoli che ripassò sotto la dominazione dei francesi.
Durante i Regno di Murat, Paisiello non seguì Ferdinando IV che si era rifugiato in Sicilia, e, al ritorno del Borbone, nel 1815, questa volta non ebbe nessun perdono e fu messo definitivamente da parte.

Paisiello a fianco alla lirica, egli coltivò anche la musica sacra e quella strumentale, componendo cantate, oratori, messe, sinfonie, concerti per clavicembalo e orchestra.
Prima di morire il 5 giugno del 1816, all’età di settantasei anni a Napoli, Giovanni Paisiello aveva avuto la notizia che pochi mesi prima (il 20 febbraio di quello stesso anno), che al Teatro Argentina di Roma, era stata presentata una nuova versione de “il Barbiere di Siviglia” di Gioachino Rossini, che lui aveva scritto ben 34 anni alla corte di Russia ed i cui echi di successo erano ancora vivi nel 1816, al punto tale che la prima di Rossini fu un semifallimento anche se poi «Barbiere» di Giacchino Rossini si impose su quello di Paisiello e infatti tutti ne conoscono solo questa versione.
Questa vicenda lo addolorò molto e dopo poco ne morì.

Qualche personaggio illustre del periodo del Regno delle Due Sicilie

Il Regno delle Due Sicilie viene generalmente ricordato perché governato dai Borbone, “rozzi, conservatori, inefficienti, bigotti ed illiberali”, insomma la negazione di Dio elevata a governo!
Secondo la storiografia ufficiale, è stato governato da re tristemente famosi come Ferdinando II, il “re Bomba”, mentre il massacratore di 60.000 “briganti”, Vittorio Emanuele II è il “Re Galantuomo”, il re Francischiello, considerato un inetto, mentre la Chiesa ora ha in corso una causa di beatificazione, un esercito composto da soldati codardi/traditori/incompetenti e Ferdinando I, suo nonno che dovette piegarsi ai voleri della Santa Alleanza, una sorta di “Nato” del 1800 e al posto degli Usa c’era l’Austria.
Lentamente e fortunatamente, nella storiografia contemporanea qualche ingeneroso giudizio sta cambiando. Anche perché questo Regno tanto deprecato è stato la culla e l’incubatrice di una moltitudine di personaggi che si sono distinti con pensieri ed opere.
Questa playlist è dedicata ad alcuni uomini illustri che ebbero un posto rilevante durante il periodo del Regno delle Due Sicilie e che sono finiti ingiustamente quasi tutti nel dimenticatoio, tranne qualche eccezione, pur avendo dato un contributo notevole per la crescita della Società e non solo, come studiosi, anticipatori, difensori della loro Patria, scienziati, Santi (si anche Santi). Non si possono ricordare tutti, perché fortunatamente sono numerosi, e non sono dei Carneade qualsiasi, al quale del resto è stato fatto il grande torto di relegarlo al ruolo di nullità assoluta grazie a Manzoni. Invece Carneade fu un filosofo di primo piano, uno scettico e nel 155 venne persino a Roma a tenere le sue celebri arringhe, finite con lui nel dimenticatoio.

Raffaele Liberatore
Raffaele Liberatore (Lanciano, 22 ottobre 1787 – Napoli, 11 giugno 1843) è stato il primo redattore della moderna lingua italiana.

Raffaele Liberatore

Gaetano Filangieri
Gaetano Filangieri nacque a San Sebastiano al Vesuvio, Napoli nel 1752 e morì precocemente a Vico Equense nel 1788 a soli 36 anni.
Si interessò a quella parte delle scienze umane che più erano inerenti alla felicità dell’uomo, la morale, la politica, la legislazione e la scienza del diritto.

Gaetano Filangieri

Giovanni Paisiello
Giovanni Paisiello (Taranto 1740 – Napoli 1816), musicista ecclettico in ogni genere musicale, è famoso soprattutto per la composizione di opere liriche, ne scrisse 94. Paisiello ha contribuito in maniera determinante allo sviluppo dell’opera buffa.
Scrisse l’Inno ufficiale del Regno delle Due Sicilie

Ferdinando Antonio Palasciano
Ferdinando Antonio Palasciano è l’ideatore della Croce Rossa.
Nacque a Capua (Caserta) nel 1815 e morì a Napoli nel 1891. Fu ufficiale borbonico e dopo l’unità d’Italia, Deputato e Senatore.

Beneventano Del Bosco
Ferdinando Beneventano Del Bosco (Palermo 3.3.1813 – Napoli 8.1.1881) fu il condottiero più famoso dell’esercito borbonico. Fuori della cerchia degli addetti ai lavori non lo conosce nessuno e che si distinse nella guerra contro l’invasione sabauda del 1860.
Beneventano del Bosco fu l’eroe capace di trascinare i soldati al combattimento e alla vittoria. Per la fortuna di Garibaldi, non raggiunse mai i vertici dell’esercito.

Ferdinando Beneventano del Bosco

Salvatore Fergola

Salvatore Fergola, l’ultimo pittore dei Borbone (Napoli, 24 aprile 1796 – Napoli, 7 marzo 1874) pittore italiano, è uno dei migliori esponenti della scuola di Posillipo, Napoli, fiorita nel secondo decennio dell’Ottocento famosa nel dipingere paesaggi e gli episodi dei Borbone.

San Vincenzo Romano
Vincenzo Romano nacque il 3 giugno 1751 a Torre del Greco e vi morì il 20 dicembre 1831.La sua apertura e partecipazione ai problemi umani e materiali della gente, la condivisione dei loro dolori e le speranze lo resero subito un punto di riferimento. Al di là della carità spicciola, infatti, Vincenzo Romano dimostrò di essere un apostolo della carità sociale.

San Vincenzo Romano

“Gaeta ultimo atto”: dove si consumò l’epilogo del regno borbonico dopo un lungo assedio

Linguella incontra il sindaco di Gaeta Cristian Leccese ed auspica un evento culturale in ricordo dell’epico episodio

Cristian Leccese – Sindaco di Gaeta e Camillo Linguella – scrittore

Già verso la fine del secolo scorso si era assistito ad una rifioritura di pubblicazioni sul Regno delle Due Sicilie e sui re borbonici sia, con libri storici che con interventi sui media, riviste, tivù e social. La cosiddetta letteratura “neoborbonica”, ritenuta in genere come reazionaria incline a distaccarsi dalle fonti storiche “ufficiali” per inventarsi un mitico regno opulento, proiettato verso la modernità, nel quale i cittadini vivevano felici e contenti in una età dell’oro che non è mai esistita (né esiste a tutt’oggi). Naturalmente non è stato così, i Borbone sono e rimangono … borbonici.
Tuttavia dai pochi indicatori in possesso, perché solo dal secolo XIX si cominciarono a fare le prime statistiche razionali, da essi si desume che il livello medio di vita dei meridionali era omogeneo ed in alcuni tratti anche superiore a quello esistente nei vari Stati in cui allora era divisa la penisola.
Camillo Linguella, sociologo del welfare e a latere amante della storia, ha approfondito un po’ questo tema. Già in proposito aveva scritto una “Storia del Regno delle Due Sicilie- Storia di un regno maltrattato” ed un romanzo ambientato negli anni 80 provocatoriamente intitolato “Ferdinando III Esposito-Borbone”, a sintetizzare la simbiosi fra i Borbone ed il popolo. Stavolta si è cimentato in un docu-romanzo storico sull’assedio di Gaeta da parte dell’esercito piemontese contro i napoletani.
In” Gaeta ultimo atto” il romanzo si dipana in un contesto di fatti rigorosamente storici che raccontano gli episodi più esaltanti, dolorosi e significativi dell’assedio di Gaeta. È un episodio spesso ignorato dalla storiografia ufficiale oppure appena accennato. Invece fu un riscatto nobile di una dinastia ingiustamente screditata.

Il giorno avanti l’arrivo di Garibaldi nella città partenopea, il 7 settembre del 1860, il giovane re Francesco II, alla testa dei suoi reggimenti lasciò la capitale rifugiandosi a Gaeta da dove poi partirà per l’esilio. Né sorte migliore toccherà a Garibaldi, rapidamente messo da parte, relegato nel ruolo celebrativo di eroe.
A Gaeta si consumò la resistenza inaspettata dei soldati napoletani che ribaltò lo stereotipo inconsistente e vigliacco qual era reputato dell’esercito di francischiello. Questi soldati non disertarono ma rimasero fino all’ultimo al loro posto e furono sconfitti dal tifo e dalla fame, in un assedio che durò tre mesi da novembre 1860 a febbraio 1861. Sconfitti non dalle armi nemiche ma da un’epidemia!


Il 13 febbraio 1861 Francesco II si arrende e il 14 lascia Gaeta e parte per l’esilio.

Finisce così un regno che nonostante tutte le ombre, è stato un grande regno.
Questo libro pur essendo un cosiddetto “libro di nicchia” rivolto cioè solo agli aficionados della materia, ha avuto un inaspettato e meritato successo nel napoletano. Ora Linguella ha raggiunto un altro importante traguardo: il 4 ottobre 2023, infatti è stato ospite del primo cittadino della località laziale, Cristian Leccese, che lo ha accolto nella sede del Comune. Ne è seguito un colloquio molto aperto e cordiale perchè quelle vicende che condussero alla fine del Regno delle Due Sicilie sono ancora oggi molto presenti.

Lo scrittore ha voluto omaggiare il primo cittadino di una copia del libro, con tanto di dedica. Il Sindaco Cristian Leccese, a sua volta ha donato a Linguella una litografia rappresentante la nave statunitense Constitution, una fregata in legno detta “Old Ironsides” che per qualche anno è stata di stanza nel Mediterraneo sicchè il 2 agosto 1849, trovandosi nel golfo di Gaeta, ricevette la visita di Papa IX, che si era allontanato da Roma a seguito della Repubblica Romana, unitamente a Ferdinando II, re delle due Sicilie.
L’auspicio di Linguella e di Leccese è quello di poter realizzare un evento culturale di studio su quel periodo, sulla scorta di precedenti esperienze già fatte nelle cittadina laziale, ma aggiornate alla contemporaneità attuale dei nuovi sviluppi storiografici.

La nave USS Constitution nel Golfo di Gaeta

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