La Festa di Pasqua fra religione e tradizione napoletana

Cristo risorge per portare pace: sullo sfondo un cielo con nuvole violacee su un paesaggio desertificato per i cambiamenti climatici con carri armati e virus del corona virus: Ai piedi del Cristo la scritta: Et libera nos a malo
Cristo risorto per liberarci dai mali

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Quest’anno la Pasqua si presenta su uno scenario poco esaltante Tuttavia poiché la Pasqua è resurrezione, tutti auspicano e noi per primi ne siamo certi, che la situazione muti velocemente e in positivo.
Lo scenario che deprechiamo, è inutile dirlo, è occupato da tre concomitanti fenomeni, tutti e tre determinati dal genere umano, homo sapiens, quello altamente civilizzato.

Essi sono, nell’ordine:

  • La guerra Russia-Ucraina,
  • la pandemia da corona virus
  • il cambiamento climatico.
    Perciò mai come quest’anno la Pasqua è invocata per liberarci principalmente da questi mali.
    La Pasqua cristiana, sia quella cattolica, greca ortodossa o protestante, come altre festività liturgiche, in genere si sono innestate, trasformandole, su precedenti ritualità pagane. Queste a loro volta erano fondate sul ciclo della vita, l’avvicendarsi delle stagioni, e i movimenti degli astri che per gli antichi governavano tutte le vicende umane.
    Mentre Natale è la festa della nascita, la Pasqua cristiana è quella della Resurrezione, diversa da quella giudaica che è invece una festa di liberazione.
    Il mito della resurrezione affonda nella storia dell’uomo. Nelle Metamorfosi Ovidio scrive che i tempi mutano, “et nova sunt semper”, mentre San Paolo esorta a trasformare, rigenerare tutta la propria vita etica e spirituale: “siate trasformati mediante il rinnovamento del vostro spirito”.

La festività pasquale, risente chiaramente degli influssi pagani: cade, infatti, tra il 25 marzo e il 25 aprile, ovvero nella prima domenica successiva al plenilunio che segue l’equinozio di primavera, cioè proprio quando si compie il passaggio dalla stagione invernale a quella primaverile.
Nell’emisfero boreale, l’equinozio di primavera è il momento che a livello astronomico segna la fine dell’inverno e l’inizio della stagione primaverile. In questa giornata, il giorno e la notte hanno la stessa durata ed ha sempre avuto un ruolo importante nelle antiche civiltà, dalla Mesopotamia all’Egitto, dalla Grecia a Roma.
Nell’antica Grecia l’equinozio di primavera coincideva con le celebrazioni della fertilità attraverso il mito di Persefone, la dea fanciulla che fu rapita da Plutone, il dio dell’Ade e che in primavera lasciava gli inferi per tornare dalla madre Demetra, la dea-terra. Questo mito rappresenta il ritorno della vita dopo la morte dell’inverno.
La religione cristiana conserva questo legame con l’equinozio di primavera come momento della resurrezione del Cristo e il ritorno della vita.
La resurrezione di Gesù la troviamo raccontata in tutti e quattro i Vangeli canonici, quelli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, che pur con delle differenze fra i diversi testi, il corpo centrale del “resoconto”, chiamiamolo così, è identico.

Così nei Vangeli
Famiglia Cristiana, il noto settimanale religioso ci illustra più in dettaglio cosa dicono i Vangeli.
Dopo la morte in Croce, la sepoltura di Gesù fu provvisoria, perchè era prossimo il Sabato in cui era proibita qualsiasi attività. Gesù, avvolto in un sudario fu deposto nel sepolcro appartenente a Giuseppe d’Arimatea. Le operazioni di cospargere il corpo con unguenti conservativi, furono rimandate a dopo il Sabato .
Intanto i sacerdoti ed i Farisei si recarono da Pilato dicendogli «che quell’impostore quando era ancora in vita, disse: Dopo tre giorni risorgerò. Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: È risorto dai morti. Così quest’ultima impostura sarebbe peggiore della prima!». E Pilato, sigillò il sepolcro e mise alcune guardie.

L'Angelo seduto su un sarcofago vuoto annuncia alle donne che Gesù è risorto
L’Angelo annuncia la resurrezione di Gesù _ Beato Angelico 1440/42


Trascorso il Sabato, Maria di Magdala ( Maria Maddalena), Maria di Cleofa e Salomé, completarono la preparazione dei profumi e si recarono al sepolcro. Quando arrivarono, secondo i Vangeli, vi fu un terremoto, un Angelo sfolgorante scese dal cielo, si accostò al sepolcro fece rotolare la pietra e si pose a sedere su di essa; le guardie spaventate, svennero. L’Angelo si rivolse alle donne dicendo loro: «Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete». Allora secondo il Vangelo di Matteo, le donne si allontanarono per dare l’annunzio ai discepoli.
Va ricordato che la Risurrezione di Gesù viene annunciata da donne, che nell’antico Diritto ebraico, non potevano testimoniare. Pertanto si affrettarono a raggiungere gli Apostoli e riferirono l’accaduto Allora essi si mossero verso il sepolcro, Pietro e Giovanni corsero avanti. Giovanni arrivò per primo e si fermò sulla soglia avendo visto il lenzuolo (Sindone) a terra, Pietro sopraggiunto entrò constatando anche lui che il lenzuolo era per terra e il corpo non c’era, poi entrò anche Giovanni e capirono che Gesù era risorto.


sepolcro tipico allestito durante il giovedì Santo con germi di grano fatti crescere al buio per avere le foglie gialle e non verdi
Il sepolcro del Giovedì Santo

I Sepolcri
Dopo il Natale, Pasqua è la più importante feste religiosa cristiana, celebrata spesso con delle rappresentazioni e con canti liturgici.
Il giovedì Santo c’è la tradizione di visitare i “sepolcri” in almeno 7 Chiese, il cd “giro delle sette Chiese”.
La pratica di allestire “gli altari della reposizione“, cioè i Sepolcri si afferma in epoca carolingia ed esprime l’idea del lutto.
Tra gli addobbi tipici dei sepolcri, i fiori bianchi, il vino fatto bollire con l’incenso e i semi di grano germogliati al buio che simboleggiano il passaggio dalla morte di Gesù alla sua Resurrezione. Nell’altare vengono collocati il tavolo, simbolo del sacrificio, il pane, i 12 piatti degli Apostoli e il tabernacolo con la porticina aperta dove è collocata l’Eucarestia… tutti doni e simboli umili, rappresentativi della comunità.
La visita ai sepolcri è detta anche “struscio”. “Ha un’origine tutta musicale, perché viene dal fruscìo che fanno i piedi mollemente smossi e le gonne seriche delle donne” (Matilde Serao).

Ecco una bella poesia di Viviani, “lo Struscio

Giovedì Santo ‘o «struscio» è nu via vaie:
Tuledo è chiena ‘e gente ‘ntulettata,
ca a pede s’ha da fa’ sta cammenata,
pe’ mantene’ n’usanza antica assaie.
– Mammà, ci andiamo? – Jammo. Ma che faie?
– Vediamo due sepolcri e ‘a passeggiata.
E ‘a signurina afflitta e ‘ncepriata
cerca ‘o marito ca nun trova maie.
‘A mamma ‘areto, stanca, pecché ha visto
ca st’atu «struscio» pure se n’è ghiuto,
senza truva’ chill’atu Ggiesucristo,
s’accosta a’ figlia: – Titine’, a mammà,
ccà cunzumammo ‘e scarpe. – L’ho veduto.
E me l’hai detto pure un anno fa.

Raffaele Viviani

La Via Crucis

Le 14 stazioni che illustrano la passione di Cristo, dalla condanna, alla crocifissione e alla deposizione
Le stazioni della Via Crucis

Il venerdì è dedicato alla via Crucis
La Via Crucis è una processione che ripercorre i momenti delle ultime ore di vita di Gesù, dalla sua condanna fino alla morte, composta da quattordici stazioni che descrivono gli episodi salienti della condanna, il supplizio e infine l’uccisione.

Tali stazioni – spesso raffigurate anche con dipinti o affreschi all’interno delle Chiese – vengono chiamate così perché consistono in un punto di sosta in cui i fedeli si fermano e, guidati dal sacerdote, intonano salmi e preghiere.
Questo percorso spirituale inizialmente si affermò in Terrasanta, dove i pellegrini si recavano materialmente nei luoghi che erano stati il teatro della Passione di Gesù. Poiché questo pellegrinaggio era un’impresa molto difficile, alcuni ordini di monaci cominciarono a replicare le scene della Via Crucis nelle chiese e poi nei borghi e poi la Via Crucis si diffuse in tutto il mondo cristiano.

il sabato è dedicato alla veglia ed al raccoglimento, aspettando la resurrezione che avviene fra il suono di campane a festa allo scoccare della mezzanotte.

La Pasqua

La domenica in ogni famiglia si celebra la Pasqua anche se il detto “ Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi “ è solo un solido alibi per chi vuole trascorrere la festa fuori dall’ambito familiare, magari in qualche località turistica, le quali proprio in questo periodo cercano di riprendersi dalla crisi inferta dall’epidemia.
Il lunedì in Albis si celebra la pasquetta con la classica gita fuori porta.

Il cibo
Ogni paese, regione, città e quartiere ha il suo menù pasquale, ma due elementi sono costanti: le uova e l’agnello.
A Napoli Giovedì si mangia a base di pesce, il piatto centrale la zuppa di cozze o la mpepata di cozze ( sono due piatti differenti)
Venerdì digiuno
Sabato leggero
Domenica pranzo pasquale
Lunedì pic nic.
Nel napoletano c’è, o almeno c’era, l’usanza che prima dell’inizio del pranzo pasquale, un genitore o la persona più anziana presente, benedicesse con l’acqua santa presa in Chiesa ed il ramo d’ulivo preso la precedente domenica delle Palme, tutti i commensali. Poi tutti a mangiare più o meno voluttuosamente

Equinozio di primavera: giorno e notte uguali sono

Il menù di Pasqua a Napoli
Il menù tipico napoletano comporta come primo la pasta con il ragù e polpette e “tracchiolelle” ( costine di maiale), oppure le lasagne, segue l’agnello o capretto, (anticamente solo al forno, oggi anche sulla brace) con patate e piselli freschi, i carciofi e poi il mitico casatiello accompagnato da affettati vari, fra cui primeggia la sopressata, il tipico salame napoletano.
Segue la frutta in primis la fava fresca, e per finire il dolce, perché ovviamente “dulcis in fundo”, il dolce si mangia alla fine.
Il dolce tipico napoletano per questa occasione è la pastiera di grano fatta in casa, accompagnata qualche volta dalla pastiera con gli spaghetti, il babà grondante rum e proprio per non farsi mancare niente, la Colomba nelle diverse versioni oggi esistenti. Caffè e liquori e si arriva alla distribuzione delle uova di cioccolata.

Le uova pasquali e la simbologia

uova sode tradizionali dipinte
uova dipinte a mano

Le uova regalate, sono generalmente rotte subito ma non per mangiarle, al massimo si assaggia quale pezzettino, per vederne il regalo che contengono. In genere si tratta di una super stupidità, un portachiavi, un ciondolo, un pupazzetto di plastica, eccetera. Ma a volte i regali, fatti mettere appositamente dentro, possono essere di valore ed anche anelli di fidanzamento, il cui tutto viene accuratamente preparato, ma si finge la più assoluta sorpresa.
L’uovo è il simbolo della Pasqua anche se ora primeggiano le uova di cioccolato, ma fino agli anni 50 si scambiavano uova sode colorate e decorate perché rappresentano la la vita che nasce. Anticamente prima della istituzione della festa pasquale, le uova decorate erano scambiate in occasione delle feste primaverili, quale simbolo della fertilità e dell’eterno ritorno della vita. Gli antichi romani mettevano un uovo dipinto di rosso nei loro campi, per avere un raccolto abbondante.

Agnello Pasquale

L’Agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo


Altro simbolo è l’agnello pasquale, legato alla figura del Cristo “agnello di Dio” nel suo ruolo di vittima sacrificale per la redenzione dei peccati dell’umanità.
Come piatto centrale del pranzo pasquale, oggi, ogni anno, scatena puntualmente delle battaglie intorno alla sua macellazione che tuttavia non attengono alla religione, ma ad altre motivazioni.
Sempre nel napoletano e nel meridione in genere all’agnello molti mangiano il capretto che oggi è anche difficile trovare e bisogna ordinarlo appositamente nelle poche macellerie che ancora lo vendono, ma è indubbio che l’agnello è il piatto di Pasqua.


il sacrificio dell’agnello di Pasqua cristiano è una derivazione dal sacrificio dell’agnello giudaico. Quest’ultimo veniva compiuto in ricordo della fuga dall’Egitto, ma si è deprivato di questo significato per assumere quello cristiano. Come viene raccontato nel Libro dell’Esodo, Dio annuncia che libererà gli ebrei ridotti in schiavitù in Egitto, e, dato il rifiuto degli egizi, Dio li punirà colpendo ogni primogenito nel paese d’Egitto, uomo o animale. Per evitare di colpire anche gli ebrei, tramite Mosè, Dio ordina al popolo di Israele di marcare gli stipiti delle loro porte con del sangue di agnello cosicché:” (…) “quand’io vedrò il sangue, passerò oltre, e non vi sarà piaga su di voi per distruggervi, quando colpirò il paese d’Egitto”.
In ricordo di ciò durante la Pasqua ebraica si sacrificavano gli agnelli. Dal sacrificio al cibo.
In effetti, anticamente quando si facevano dei sacrifici agli dei, gli animali erano immolati con dei rituali prestabiliti, poi si bruciavano le visceri e alcuni pezzi di carne e probabilmente il resto dell’animale veniva distribuito ai fedeli che se ne cibavano.

La pasquetta – lunedì in Albis
Il lunedì è il giorno dell’Angelo in ricordo dell’Angelo che avvisò le donne della resurrezione del Signore.
Il festeggiamento classico prevede la scampagnata fuori porta. Quando non c’erano le previsioni metereologiche si andava a naso, li leggevano quelle sui giornali, si guardava il cielo e se il tempo era minimamente accettabile, si partiva per andare in campagna.
Ed anche in questo giorno un trionfo del cibo trasportabile, take away di allora: lasagne, timballi di maccheroni, carne e carciofi sulla brace e casatiello, uova sode, “sopressata“. Naturalmente gli astemi erano pochi e allora vino in quantità.

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