Cari neoborbonici, di qualsiasi gradazione siete, dai più sfegatati ai più distaccati, fatevi, una ragione, il regista Andò vi odia o meglio vi “disprezza” in blocco.
Come si sa, il disprezzo è legato a un rifiuto sociale nei confronti di una persona che ha delle idee che non approviamo. L’odio è un forte sentimento di avversione nei confronti di qualcuno che nasce però dalla stratificazione di diverse emozioni più personali.

L’apologeta risorgimentale Roberto Andò, saccente e supponente regista del film “L’abbaglio” abbraccia la tesi propagandata dagli stessi invasori, con il quale Garibaldi avrebbe imbrogliato i borbonici sulla sua reale direzione di marcia facendo credere a questi di andare verso l’interno della Sicilia per fare operazioni di guerriglia mentre invece puntava direttamente sulla conquista di Palermo. Finora i maestri di “arronzare” la storia piegandola alla propria visione, concezione oppure semplicemente piegandola alla sensibilità del risultato commerciale, erano i cineasti statunitensi. Oggi questa tendenza dilaga anche oltre oceano, lambendo l’Europa, un poco come l’ideologia woke e la cancel culture.
Come ho già spiegato in un precedente articolo su questo stesso blog, contrariamente al racconto cinematografico e a quanto raccontano gli sessi protagonisti, la colonna borbonica guidata da Von Mechel e Beneventano del Bosco, erano consapevoli della divisione in due colonne di marcia. Infatti Von Mechel guidò la sua inseguendo la colonna diretta a Corleone, mentre Beneventano ritornava a Palermo.
Colui che guidò la colonna dei garibaldini unitamente a 150 picciotti forniti dalla mafia locale era il disertore ex ufficiale borbonico Vincenzo Giordano Orsini che aveva disertato nel 1848 quando fu inviato a difendere Palermo contro i contro degli insorti che avevano fondato il regno di Sicilia ed offerto il trono ad Amedeo di Savoia che prudentemente rifiutò. Sconfitti i rivoltosi siciliani, Orsini non trovo meglio che scappare andando ad arruolarsi nell’esercito dell’Impero ottomano che evidentemente riteneva essere più liberale di quello borbonico. Infatti si dice che si fosse addirittura convertito all’ islamismo, il che naturalmente non è un reato ma dà la figura del soggetto. Come colonnello dell’esercito ottomano Orsini, partecipando alla spedizione in Crimea nel 1853/56 dove era presente anche l’esercito sabaudo, entrò in contatto con elementi piemontesi. Infatti si trasferì a Torino, incontrò Garibaldi e prese parte successivamente alla spedizione dei Mille.
Il regista Andò con il suo film riprendendo tutta la retorica agiografica del cosiddetto “Risorgimento”, ha avuto l’onore di essere intervistato il 9 febbraio 2025, dal Corriere della Sera che, pur essendo un giornale ecumenico non disdegna certe ospitate quando sotto sottotraccia attraverso la più subdola e collaudata delle moral suasion, si può rilanciare vecchi cliché anti-sud che pensavamo superati. E infatti Andò li accontenta subito dichiarando lapidario che lui i neoborbonici li disprezza.
Cari borbonici, dovete fartene una ragione, il regista Andò vi disprezza e così ad un abbaglio ne fa un altro, aggiungendo a mo’ di spiegazione/giustificazione di come” i soldati borbonici bruciarono i paesi da Partinico a Torretta per aver “ raccolto i garibaldini feriti con commovente generosità e grande coraggio” Aggiungendo che “le scene delle madri che piangono i figli uccisi nella repressione borbonica sono autentiche. Non a caso i neoborbonici mi detestano. Ma pure io di loro penso il peggiore possibile” quindi siamo pari e patta ma secondo me insomma Andò in questo caso vince per il carico di odio verso i napoletani.
Già una cosa del genere serpeggiava con il film “Partenope” di Sorrentino. Sarà una moda o una nuova corrente di pensiero.
Garibaldi sarà stato pure un manipolatore, furbastro come dice il regista, ma fatto sta è stato strumento inconsapevole che presentandosi come liberatore dei meridionali è finito per imporre un servaggio ed impoverimento inimmaginabili sotto i Borbone. Certo, le stragi sono orribili e inevitabili durante le operazioni belliche ed hanno la riprovazione e la condanna di tutti. Tuttavia Andò sul Regno delle due Sicilie sembra avere poche idee ma confuse. Lo dice uno io che di idee ne ha ancora di meno e ancora più confuse, ma non sarei così lapidariamente deciso nell’affermare che i borbonici old e neo sono tutti da disprezzare in blocco.
Oltre ai facinorosi che effettivamente si immaginano un’età dell’oro mai esistita, ci sono anche quelli che fanno valutazioni, diciamo così più laiche, meno fideistiche e settarie. Perché agli eccidi che pone in primo piano, sarebbe facile contrapporre sull’altro piatto della bilancia gli eccidi commessi dai “fratelli liberatori” , a partire da quello di Bronte quando la rivolta poteva prendere una piega decisamente socialista e antiborghese, continuare con i massacri di Fenestrelle, Pontelandolfo, Pietrarsa, tralasciando i 60.000 o addirittura 100.000 massacrati dall’esercito comandato da Cialdini contro i cosiddetti “briganti calabresi”, accomunando indistintamente tutti gli oppositori o i delusi della nuova realtà istituzionale compresi donne vecchi e bambini.
Ecco , questo è l’unico abbaglio che io riconosco: l’illusione dei meridionali che si sarebbe stato meglio! L’altra amara realtà sta nel fatto che nell’assaltare un regno che sembrava solido, questo alla prova dei fatti crollò come un castello di carte e invece di stare meglio si stette peggio. Ed è in quel periodo che cominciano i fenomeni di emigrazione verso terre lontane, fenomeno che a tutt’oggi non risparmia i meridionali, specie i più acculturati che dovrebbero costituire il nucleo della prossima classe dirigente. Per rendere legali i massacri da parte dei fratelli liberatori, fu varata addirittura un’apposita legge, la Legge Pica-Peruzzi, “ Procedura per la repressione del brigantaggio e dei camorristi nelle Provincie infette ” promulgata il 15 agosto 1863, la prima legge di pubblica sicurezza dello Stato italiano che istituiva tribunali militari per il Sud e che permetteva la brutale repressione nel sangue meridionale, ad libitum, cioè con piena discrezione dei piemontesi e accoliti in buona o cattiva fede.
Gli effetti di questa legge furono devastanti per il Sud per una giovane Italia da poco unita. I provvedimenti punitivi e le sommarie condanne a morte consequenziali alla sua promulgazione rappresentarono uno dei più feroci atti di repressione della dignità della persona umana in Europa. Ma allora non c’era La CPI ( Corte penale internazionale). E veniamo brevemente ai più rilevanti massacri pre e post unitari.

La sommossa di Partinico
Ancor prima dello sbarco garibaldino, nell’aprile del 1860 a Partinico posta a circa 50 km da Palermo, erano avvenuti scontri tra rivoltosi siciliani e truppe borboniche. I rivoltosi, guidati dal barone Sant’Anna, assalirono i borbonici, il cui comandante, Ferdinando Beneventano del Bosco, contrattaccò respingendoli.
Dopo la battaglia di Calatafimi, la sera del 15 maggio 1860 le truppe napoletane si misero in marcia per raggiungere Palermo.
La ritirata avvenne in modo disordinato lasciando i battaglioni senza viveri. Ciò spinse i militari a usare il solito mezzo delle requisizioni forzate.
La notizia della sconfitta borbonica si diffuse rapidamente accompagnata da mirabolanti particolari che dipingevano i garibaldini come esseri sovrannaturali e invincibili, fomentando il sentimento di rivolta nella popolazione siciliana.
La sera del 16 maggio, una formazione borbonica giunse a Partinico, dove le notizie della battaglia aveva elettrizzato gli abitanti ancora in armi per la precedente rivolta.
Quando i borbonici giunsero nella cittadina, furono accolti da una intensa fucileria dalle case innestando l’ovvia reazione dei soldati che ebbero la meglio, ma poi stanchi della ritirata non resistettero al contrattacco dei siciliani e scapparono lasciando nelle mani degli insorti un’ambulanza e diversi feriti e soldati della retroguardia .
Come riporta Wikipedia, non certamente accusabile di essere neoborbonica, i partinicesi, inebriati dalla vittoria, si abbandonarono a orrendi atti di ferocia, uccidendo i soldati napoletani caduti in loro mano e poi “straziandone i corpi in una sorta di primitivo rito tribale” (cfr Wikipedia), gettando molti cadaveri a bruciare nel fuoco delle loro case incendiate. Il bilancio fu di 40 soldati trucidati e 15 prigionieri da consegnare come trofeo ai garibaldini.

Bronte
A Bronte, in Sicilia, scoppiò un’insurrezione popolare contro la borghesia locale. La popolazione, insorta il 2 agosto1860, perché non venivano distribuite le terre come aveva promesso Garibaldi, diede fuoco a decine di case, al teatro e all’archivio comunale, uccidendo sedici persone.
Garibaldi, temendo che l’esempio di Bronte potesse scatenare altre ribellioni, inviò le sue truppe al comando di Nino Bixio. Questi arrestò i presunti colpevoli e li processò sommariamente, condannando a morte cinque uomini, che furono fucilati il 10 agosto.

Pontelandolfo e Casalduni
L’eccidio di Pontelandolfo e Casalduni (Benevento) fu una rappresaglia dal neo Governo di Vittorio Emanuele II effettuata il 14 agosto 1861,per vendicarsi di un attacco di “briganti”, così come venivano indistintamente chiamati coloro rimasti fedeli ai borbonici. Circa cinquemila abitanti furono trucidati. Fu la prima vera strage impunita dell’Italia unita; come inizio di una sorta di pulizia etnica sulle popolazioni meridionali.
i cittadini vennero sorpresi nel sonno. Le abitazioni furono incendiate con le persone all’interno. In alcuni casi, i bersaglieri spararono su chi scappava dalle fiamme con le braccia alzate. Gli uomini superstiti furono fucilati mentre le donne (nonostante l’ordine di risparmiarle) furono sottoposte a sevizie o stuprate come riferisce Carlo Margolfo, un soldato che partecipò alla spedizione.
Al termine dell’azione il colonnello Negri telegrafò a Cialdini:
«Ieri mattina all’alba giustizia fu fatta contro Pontelandolfo e Casalduni. Essi bruciano ancora.»

La Fortezza di Fenestrelle
I “massacri di Fenestrelle”: qualcuno li mette ancora in dubbio. Dopo l’unificazione d’Italia negli anni ’60 dell’Ottocento, migliaia di meridionali furono deportati alla fortezza di Fenestrelle, in Piemonte, e sottoposti a condizioni dure, inclusa la morte. Alcune fonti ipotizzano, ma i fatti non sono accertati che molti furono uccisi e gettati in vasche di calce viva.
Le fonti che sostengono l’esistenza del massacro di Fenestrelle includono principalmente articoli e libri di autori come Fulvio Izzo, Gigi Di Fiore, e Pino Aprile.
Queste affermazioni sono contestate da altri storici come Alessandro Barbero, Juri Bossuto, che sostengono che il numero di vittime è stato esagerato. Quindi non ammettono la quantità, ma l’esistenza del fatto si!

Pietrarsa
Il “massacro di Pietrarsa” avvenne il “6 agosto 1863”, nell’omonima fabbrica metalmeccanica fra Napoli e San Giorgio a Cremano. Fu un evento tragico in cui i bersaglieri aprirono il fuoco sui lavoratori in sciopero presso le officine di Pietrarsa da cui era uscito il primo treno italiano Napoli- Portici. I lavoratori protestavano contro le cattive condizioni di lavoro e i salari non pagati e avevano aperto i cancelli ai soldati pensando che venissero in loro aiuto. Invece si soldati entrarono sparando sugli scioperanti. Ufficialmente furono uccisi solo quattro lavoratori e altri diciassette rimasero feriti. Questo incidente è considerato uno dei primi grandi conflitti sindacali nella storia d’Italia e ha evidenziato le dure realtà affrontate dai lavoratori napoletani nel periodo post unitario