Gaeta, ultimo atto

Presentato a Torre del Greco il giorno 8 giugno 2023 il docu-romanzo sull’assedio di Gaeta.

Alla presenza di un folto e qualificato pubblico”, queste sono le frasi rituali di prammatica che si adoperano in genere per eventi di carattere culturali. Ma stavolta è stato effettivamente così senza alcuna, esagerazione, né agiografica né di routine.
Annunciata da tempo dalla stampa partenopea in particolar modo da “ Tutto è”, “Metropolis” ed altre testate e tivù on line, il giorno 8 giugno scorso presso la libreria Alfabeta di Torre del Greco si è tenuta la presentazione del romanzo storico “Gaeta, ultimo atto” di Camillo Linguella, sociologo del welfare previdenziale e meridionalista, nonché studioso della storia del Sud, in particolare del Regno delle Due Sicilie, che per vicende più o meno note, raccontate in maniera più o meno distorte, comunque fu annesso al Regno di Sardegna con un plebiscito sulla cui legalità pochi giurerebbero.

L’evento è stato magistralmente condotto dal giornalista Aniello Sammarco che ha illustrato i contenuti del libro ed il contesto storico in cui è stato inserito, la difesa a Gaeta di Francesco II nell’ultimo disperato tentativo di salvare il Regno delle Due Sicilie. Prima di dare la parola a Linguella c’è stato un contributo di Carmine Paino titolare della libreria Alfabeta del circuito Mondadori.

Alla manifestazione è intervenuto anche il neo sindaco di Torre del Greco, Luigi Mennella, che senza entrare nel merito specifico del romanzo la lodato l’iniziativa di carattere culturale e ha fatto intendere che lui curerà molto la cultura a Torre del Greco in tutte le sue molteplici manifestazioni.

Il Regno delle due Sicilie era lo Stato territorialmente più esteso, più popoloso e, incredibile ma vero, col il bilancio pubblico attivo. Situazione che cambiò immediatamente dopo l’unificazione: fabbriche delocalizzate al nord, condizioni di vita specie dei lazzari e dei contadini peggiorate, inizio dell’emigrazione.

Torre del Greco vanta ben 12 ville vesuviane alcune delle quali avrebbero bisogno almeno di un po’ di verniciatura. Ed in un paio di queste ville inesistenti che si sviluppa la complessa trama del romanzo storico di Camillo Linguella che ha come centri di azione, da una parte Torre del Greco e dalla parte opposta la fortezza di Gaeta dove si consumò l’ultima resistenza dei soldati duosiciliani.
È un episodio spesso ignorato dalla storiografia ufficiale oppure appena accennato. Ignoto perfino a molti meridionali. Invece fu un riscatto nobile di una dinastia che non aveva saputo cogliere i fermenti nuovi nell’aria. Eppure stranamente i Borbone avevano dato vita al cosiddetto ” illuminismo napoletano” anche se poi si persero per strada.

Il fulcro centrale di questa nuova ideologia è costituita dalla cosiddetta “autonomia differenziata”, un semplice eufemismo linguistico piuttosto usato per dare una aspetto più simpatico a qualcosa per mascherare la volontà di disunire per motivi sostanzialmente edonistici ed egoistici. E invertendo l’ordine dei fattori, i borbonici che nel 1800 volevano stare in pace a casa loro, fra l’acqua santa ( lo Stato della Chiesa) e l’acqua salata ( il mar Mediterraneo), oggi i borbonici progressisti, e non è un ossimoro, cioè una contraddizione in termini, ritengono che l’Unità d’Italia sia ancora un valore e che l’autonomia differenziata non può che essere una funesta operazione, sempre a danno del Sud.

Lo scudetto del Napoli: riscatto sociale o pane e Circenses?

Il Napoli ha vinto il suo terzo scudetto. Lo scudetto del Napoli è certamente l’esito di un di manifestazione sportiva calcistica, cioè del campionato di seria A del 2022/23. Ma il suo valore e significato trascende la vittoria calcistica in se stessa, per assumere un valore omnicomprensivo.

Il calcio si sa è uno degli sport più popolari del mondo che richiede pochi mezzi per praticarlo. Dalle favelas sud americane e ora dai campi di calcio africani o asiatici, migliaia di ragazzi cercano la loro promozione e riscatto sociale a livello individuale. Pelé e Maradona, per fare dei nomi a caso costituisco i sogni finale di ogni bimbo che intraprende la carriera di calciatore, ma trascina appresso tutta una rete di attività “indotte” che costituisce un vasto campo di studio per psicologi e sociologi.
Ma non bisogna scomodare i greci antichi per le loro Olimpiadi, i romani con i loro anfiteatri e, successivamente nel periodo bizantino, con i loro ippodromi dove il popolo era fidelizzato al potere con grosse esibizioni di combattimenti tra gladiatori o fra corse di cavalli che vedeva il popolo di Bisanzio diviso in due partiti i verdi e gli azzurri.

Non bisogna scomodare e adattare il motto marxiano che la religione è l’oppio dei popoli a calcio e l’oppio dei popoli.
Già i Romani stessi governavano con il pane e circenses, dando gratis il grano e spettacoli di gladiatori al popolo per tenerlo buono.
A Napoli la situazione non era diversa. Alexandre Dumas, quello dei “Tre Moschettieri” raccontava che il re borbonici avessero una formula infallibile per regnare tranquilli quella delle “tre F: feste, farina e forca“.

Il popolo va distratto con continui festeggiamenti: funzioni religiose, balli, spettacoli gratuiti per distrarlo dai problemi reali, Secondo, un popolo che riesce a mettere il pane sulla tavola tutti i giorni non si ribella. La forca costituiva il deterrente finale per tenere a freno ogni tentativo di rivolta.
Ma nel caso del terzo scudetto del Napoli, un ragionamento del genere è semplicemente fuorviante. Si tratta di un fenomeno piuttosto complesso che avendo coinvolto tutta una città e non solo, tutto il meridione e non solo, ma diciamo che ha eccitato tutti coloro i quali sono sempre in seconda fila per quanto riguarda il posto in società sia come lavoro sia come affermazione personale eccetera, necessita di una lettura da più angolazione di cui la kermesse sportiva è certamente centrale. Tutte queste persone hanno approfittato di questa occasione inscenare una loro personale catarsi e gioire cosicché c’è voluto tutto queto amalgama affinchè una semplice vittoria calcistica sportiva si trasformasse in un riscatto sociale. Ed è stato molto interessante vedere nell’ultimo periodo come l’attesa della vittoria trattenuta a stento nonostante la tradizione scaramantica napoletana, fino ad arrivare ,al limite impensabile, di anticipare la festa in occasione della partita Napoli –
Salernitana che si dava per scontato il Napoli si sarebbe facilmente mangiata in un sol boccone, ma che è terminata in maniera imprevista agghiacciando gli animi anche se molti partiti a festeggiare, poi per inerzia quasi hanno portato avanti un pallido festeggiamento.
La cosa è sembrata ripetersi con l’Udinese: in questo caso già era evidente l’accanimento della sorte che ha animato, per un attimo, cattivi presagi.

Ma poi raggiunta la certezza matematica che lo scudetto andava ad appuntarsi meritatamente sulle magliette dei calciatori l’anima di Napoli è esplosa in tutte quelle manifestazioni che i vari Marotta, Eduardo, Bovio. di Giacomo, Scarpetta, Matilde Serao, Francesco Mastriani Raffaella Viviani hanno di volta in volta descritto più. Perché Attraverso lo scudetto Napoli si è per un attimo riscattata anche se contemporaneamente quasi a fare un contrappunto ed un rinvio alla tragica realtà quotidiana, un ragazzo di 26 anni è stato freddato con dei colpi di pistola e non si sa se per effetto di un tragico trascinamento della follia festaiola oppure un agguato di stampo camorrista.

Ecco questi sono le oscillazioni del pendolo all’interno del quale si muove la napoletanità che è esaltazione e che diventa Napolitudine quando si estrania nel suo contrario.
A noi non resta che gioire di questo effimero momento e approfittarne per trarne gli auspici che questo attimo possa essere un lavacro rigenerativo per tutte le forze, e sono tante per far uscire la città il meridione dalla morta gora in cui ristagna e questo traguardo sportivo raggiunto sia lo sprone per il conseguimento per obiettivi molto più concreti e sociali.

“Gaeta ultimo atto” – Un avvincente romanzo storico che ha per sfondo l’assedio di Gaeta

Per i tipi della dinamica Casa Editrice torinese YUMEBOOK, è stato pubblicato il nuovo romanzo di Camillo Linguella, “Gaeta ultimo atto”. Sembra un ovvio romanzetto d’amore e tradimenti su un background di ambientazione storica: l’assedio di Gaeta nel 1860.
Trattandosi di un episodio che precede la fine del Regno delle Due Sicilie, viene automatico l’inserimento nel filone della storiografia neoborbonica, aprioristicamente considerata come reazionaria e propensa a distaccarsi dalle fonti storiche “ufficiali” per diventare agiografia o puro revanscismo.

Si tratta invece di un romanzo, imbastito su una trama se vogliamo fragile e non nuova: un amore che non finisce in un happy end. Ma si distacca dallo schema classico di fiction nella quale spesso la storia viene stravolta a piacere, per far risaltare meglio quella romanzata.
In” Gaeta ultimo atto” il romanzo d’amore, con personaggi totalmente inventati, si svolge in un contesto di fatti rigorosamente storici: quelli relativi agli episodi più esaltanti, dolorosi e significativi che hanno chiuso il Regno delle Due Sicilie: l’assedio di Gaeta. È un episodio spesso ignorato dalla storiografia ufficiale oppure appena accennato. Invece fu un riscatto nobile di una dinastia ingiustamente screditata.
Il giorno avanti l’arrivo di Garibaldi nella città partenopea, il 7 settembre del 1860, il giovane re Francesco II, alla testa dei suoi reggimenti lascia la capitale e si rifugia a Gaeta da dove poi partirà per l’esilio. Né sorte migliore toccherà a Garibaldi, rapidamente messo da parte, relegato nel ruolo celebrativo di eroe.
A Gaeta si consuma la resistenza inaspettata dei soldati napoletani che ribalta il cliché dell’esercito di francischiello reputato e rappresentato come una riedizione dell’armata Brancaleone. Soccombono decimati dal tifo e dalla fame, in un assedio che durò tre mesi da novembre 1860 a febbraio 1861. Sconfitti non dalle armi nemiche ma da un’epidemia!
Il 13 febbraio 1861 Francesco II si arrende e il 14 parte per l’esilio. Finisce così un regno che nonostante tutte le ombre, è stato un grande regno. Poi comincia la questione meridionale.

Camillo Linguella, sociologo e meridionalista, è nato a Torre del Greco il 20 aprile 1945. Agli inizi degli anni 70 del secolo scorso si è trasferito a Roma dove vive, sviluppando un proprio percorso in diversi ambiti, principalmente quello dell’impegno politico sindacale. Laureato in Sociologia, si è molto impegnato nel welfare previdenziale, senza mai tralasciare lo studio del meridionalismo.
La sua passione per Napoli e la napoletanità lo hanno indotto ad approfondire le vicende storiche, economiche e sociali del Sud che hanno preso forma in Ferdinando III Esposito-Borbone (Teseo Editore 2006), romanzo accolto, per usare una frase fatta, con favore dal pubblico e dalla critica. Successivamente ha pubblicato una saggio sui Borbone di Napoli: “Il Regno delle Due Sicilie- Storia di un regno maltrattato”.
In tema previdenziale ha pubblicato il libro “Welfare ieri, oggi, domani”, vincitore del premio “Ipost” del 2010.

Le Medie imprese del sud crescono più di quelle al nord

Le medie imprese del Mezzogiorno negli ultimi dieci anni hanno superato le imprese analoghe del Centro e del Nord. Anche l’impennata dei costi energetici e la pandemia non ne hanno frenato la corsa che quest’anno prevedono un incremento dell’8,1% (contro il 7,2% delle altre aree d’Italia).

la fabbrica del futuro

+ 8,1% il giro d’affari nel 2022. Quasi la metà supererà i livelli produttivi pre-pandemia
Il 71% si è già attivato – o lo farà a breve – sul PNRR

Il rapporto delle medie imprese del mezzogiorno, reso noto dal Centro Studi Guglielmo Tagliacarne lo scorso 16 dicembre 2022, ci informa che poi il Sud economicamente non va poi così male come si pensa. Le medie imprese del Mezzogiorno negli ultimi dieci anni hanno superato le imprese analoghe del Centro e del Nord. Anche l’impennata dei costi energetici e la pandemia non ne hanno frenato la corsa che quest’anno prevedono un incremento dell’8,1% (contro il 7,2% delle altre aree d’Italia), dopo l’aumento del 10% conseguito nel 2021. Così quasi la metà conta di superare entro il 2022 i livelli pre-Covid.

Il Centro Studi delle Camere di commercio Guglielmo Tagliacarne che ha curato il rapporto, è il fulcro dell’informazione economica delle Camere di commercio.

Esso risponde alla necessità di rafforzare l’azione di analisi e monitoraggio dei fenomeni socio-economici anticipando i mutamenti dei mercati e della società per fornire informazioni utili di supporto alle politiche di sviluppo.

La funzione degli studi e dell’informazione economica è una delle competenze assegnate dalla legge (d.lgs 219/2016) a sostegno della competitività delle imprese e dei territori.

L’attività di studio e di analisi si svolgono in ambiti diversi fra cui:

● analisi, elaborazione e lettura delle dinamiche delle imprese;

● individuazione di percorsi di sviluppo locale;

● osservazione delle tendenze dei settori e delle filiere produttive;

● approfondimenti sulle tematiche relative all’innovazione;

● contabilità economica territoriale;

● definizione di linee di policy e monitoraggio dei loro effetti.

“Le medie imprese meridionali rappresentano la locomotiva industriale del territorio, figlie di un capitalismo familiare di lunga data che si tramanda da generazioni. Sono imprese che hanno anche messo in evidenza una capacità di resistenza non inferiore rispetto alle altre presenti nel resto del Paese”. È quanto ha sottolineato il presidente di Unioncamere Andrea Prete che ha aggiunto “sono pronte a cogliere le sfide del cambiamento puntando sempre più sulla frontiera 4.0, facendo leva anche sul PNRR. Ma per questo servirà, soprattutto al Mezzogiorno, sviluppare un modello di innovazione improntato su una forte collaborazione tra imprese, Università, centri di ricerca locali”.

Quasi una media impresa su 10 è del Sud. Più precisamente sono in tutto 316 le aziende leader del cambiamento provenienti dal Mezzogiorno (3.174 complessivamente operanti in Italia), delle quali il 40% circa si trova in Campania. Nel 2020 fatturano 14,6 miliardi di euro, coprono l’11,5% del valore aggiunto del totale manifatturiero della stessa area e il 30% delle loro vendite è destinato all’estero. Alimentare-bevande, meccanico e chimico-farmaceutico sono i settori principali in cui operano, rappresentando oltre l’80% del giro d’affari complessivo.

Nel Sud, le medie imprese sono più dinamiche delle grandi…
Quasi la metà delle medie imprese prevede di superare i livelli pre-Covid. Più precisamente il 44% delle medie imprese del Mezzogiorno, alla stregua delle altre della stessa stazza nel resto d’Italia, si attende di riuscire a mettere definitivamente alle spalle la crisi pandemica, superando già quest’anno i livelli produttivi pre-Covid. Mentre solo il 31% delle imprese di grandi dimensioni operanti nel meridione pensa di riuscire a farlo.

anche grazie al PNRR
Il 71% delle medie imprese meridionali punta sul PNRR: il 48% si è già attivato mentre il 23% ha in programma di farlo nel breve termine. C’è però un altro 29% che non pensa di avvantaggiarsi delle opportunità previste dal Piano.
quasi la metà punta per competere sull’open innovation
Aperte a fare network per innovare, ma meno di quelle del Centro e del Nord. Il 44% delle medie imprese del Mezzogiorno investirà in processi di co-innovazione entro il 2024 con almeno un soggetto esterno alla propria azienda, contro il 53% di quelle localizzate nelle altre aree. Il 32% punterà sulla collaborazione con le Università per la co-innovazione di prodotti e servizi (contro il 40%), il 3% con i subfornitori (contro il 12%) e il 15% con i clienti (contro il 17%).
Le incertezze degli ultimi anni hanno spinto le medie imprese meridionali ad affrontare alcuni temi non più rinviabili. L’85,1% di esse ritiene prioritario agire sulla governance attraverso un rinnovo manageriale o generazionale (contro il 78,4% delle altre aree). Inoltre, il contesto geopolitico ha imposto un ripensamento delle catene di fornitura tanto che, per limitarne i rischi di rottura, il 75,8% delle medie imprese del Mezzogiorno (in linea con le altre aree) ha optato per una diversificazione dei fornitori, incrementandone il numero e preferendo quelli di prossimità, cioè meridionali.

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